In questo articolo vorrei parlare di come si scrive un buon saggio, di una forma di scrittura molto diffusa e che si differenzia dalle classiche modalità della narrativa o della lirica (poesia), perché segue metodologie di redazione completamente differenti dagli altri stili di scrittura. Chi scrive un saggio, qualsiasi sia l’argomento o il tema trattato, deve innanzitutto crearsi una mappa mentale di ciò che dovrà scrivere e preparare una lista delle argomentazioni che vorrà trattare. Può trattarsi di interventi specialistici, interviste a professionisti dell’argomento trattato, oppure di semplici teorie largamente condivise o di ipotesi d’élite che siano persuasive e credibili. Infatti, nessuno scriverebbe qualcosa che non possa in qualche modo essere condiviso dalla maggioranza della gente. Anche un’ideale per quanto riguardi anche una piccola nicchia di pochi adepti, ha bisogno di sostenitori che lo seguano e abbiano il desiderio di osservarne le normative.
Come si scrive un buon saggio
La scrittura del saggio è suddivisa in Note editoriali, Indice, eventuale Prefazione, Premessa e successivi capitoli (in genere non meno di una decina) e la Conclusione alla quale può seguire una Postfazione di approfondimento, una web-grafia, una bibliografia e una sezione dedicata ai libri e alle altre opere dello stesso genere suggerite ai lettori.
E’ importante sottolineare che tra bibliografia e la sezione dei libri consigliati c’è una certa differenza, perché la prima raccoglie tutte le opere del genere trattato nel saggio o comunque una sostanziosa campionatura, mentre la sezione dei libri consigliati segue regole prettamente commerciali e mira a segnalare solo quei titoli che sono correlati all’argomento del saggio e che per questo motivo potrebbero interessare il nostro lettore.
Come si scrive un buon saggio
La web-grafia non è altro che la segnalazione dei siti e portali Internet che parlano dello stesso argomento del nostro saggio.
Fin qui vi abbiamo suggerito alcune regole di buon senso per la redazione di un saggio ma vorrei mostrarvi l’esempio di un capitoletto che tratta un argomento specifico. Il titolo è “Risentimento e rabbia – gli strumenti del dolore” ed è inserito in un saggio che tratta un argomento di grande attualità e allo stesso tempo molto complesso: il dolore e la sofferenza.
Fra qualche riga vi mostrerò come è stato redatto ma prima voglio fare alcune altre utili raccomandazioni.
Chi scrive un saggio non può presumere di sapere tutto sull’argomento. Nessuno di noi è un “tuttologo”, c’è sempre qualche zona di ombra in ciò che conosciamo ed è per questo che lo stile narrativo del saggio è considerato più libero e forse anche più semplice da redigere perché ci vengono in aiuto degli esperti del tema trattato che ci chiariscono i punti oscuri grazie a degli interventi mirati su determinati argomenti o settoriali in modo specifico.
Come si scrive un buon saggio
Noi naturalmente possiamo proporre un tema o formulare delle domande da rivolgere agli esperti ed in questo modo, quasi senza accorgerci, ci ritroveremo in mano il nostro libro in versione saggio in men che non si dica.
I saggi sono più semplici da scrivere rispetto alle opere di narrativa o ai libri scientifici perché la procedura di redazione di questo genere di opere in saggistica è assolutamente libera. L’unica regola assolutamente richiesta è la logica consequenzialità delle argomentazioni e l’ordine con cui esponiamo i vari temi.
Non possiamo passare da un argomento all’altro e poi riprenderlo indiscriminatamente in un’altra sezione del libro. Dovremo seguire una linea logica ben ordinata per poter dare modo al lettore di seguire la cronologia degli eventi che riguardano il saggio (ad esempio una ricerca di tipo storico).
Nel saggio sono ammesse le citazioni e anche le rielaborazioni dei concetti espressi da altri ma ricordatevi di citare sempre la fonte del testo originale o dei brani estrapolati dalle opere di altri scrittori.
Eccoci ora al testo vero e proprio, all’esempio di cui vi ho parlato all’inizio dell’articolo.
Le righe che seguono riguardano l’analisi sommaria di uno degli aspetti del dolore e della sofferenza, una sindrome strutturata di sentimenti che possono agire singolarmente o in associazione e che sono la rabbia e il risentimento.
Buona lettura.
Come si scrive un buon saggio – Risentimento e rabbia, gli strumenti del dolore
Di Beppe Amico (brano tratto dal libro di prossima pubblicazione “Rabbia, risentimento, dolore e sofferenza – un’analisi umana, psicologica e spirituale”)
Non possiamo parlare di sofferenza senza considerare due tra le cause più importanti che la determinano: la rabbia e il risentimento.
Secondo l’enciclopedia interattiva Wikipedia“Il risentimento è un’esperienza affettiva che le persone sperimentano quando un agente esterno nega loro le opportunità o le risorse di valore (incluso lo status), che esse considerano socialmente accessibili”.
Wikipedia chiarisce che si tratta soprattutto di un fenomeno sociale più che individuale e che le sue dinamiche si collocano in specifiche aree storiche e culturali.
L’aspetto più insidioso della rabbia e del risentimento è rappresentato dal fatto che può diventare un’esperienza di sofferenza emotiva che si prolunga nel tempo e che per le sue particolari connotazioni tende a ripetersi e ad essere rivissuta dalla mente.
Interessante il chiarimento che se ne fa in molti ambienti e contesti sociali, nei quali si precisa che la rabbia verso se stessi non è altro che un sentimento di rimorso.
Le dinamiche del risentimento traggono origine, secondo il parere di alcuni, dalle caratteristiche della società contemporanea che mostra talvolta un divario sproporzionato tra le classi che detengono il potere e la massa del popolo, soprattutto per ciò che riguarda “l’accesso alle risorse materiali”.
E’ ormai risaputo che le ingiustizie e le disuguaglianze sociali creano tensione tra il popolo e danno origine a diffusi fenomeni di malessere che genera risentimento.
Lo scontento dilagante può persino divenire patologico e in taluni casi, proprio a causa del grande dolore e dell’intensa sofferenza vissuta intimamente, può portare a gesti estremi quali il suicidio oppure a difendere “un’ideale” largamente diffuso o elitario, talvolta solo da poche persone ed anche da un solo singolo individuo, capace di scaricare tutta la propria rabbia e il proprio risentimento con violenze estreme e gravi atti di rivendicazione sociale.
La cronaca è piena di casi di “gente” che per il risentimento e la rabbia ha sequestrato, messo in pericolo e qualche volta anche ucciso degli innocenti che non avevano alcuna colpa se non quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato (Testo realizzato dalla citazione e rielaborazione del materiale visibile su:
https://it.wikipedia.org/wiki/Risentimento).
Come si scrive un buon saggio
Secondo Ian McEvan– scrittore e saggista britannico di successo, autore di decine di best seller sull’argomento – il risentimento e la rabbia sono tra loro strettamente collegate.
Infatti, moltissima gente tende a riunificarle in un unico sentimento anche se è importante sottolineare che una rabbia prolungata può portare ad un risentimento cronico e, come meglio argomenta McEvan,“può essere fredda, non esplicitata, oppure diventare “calda”, fare grande rumore e trasformarsi in violenza”, cioè può manifestarsi o meno in azioni concrete.
McEvan afferma che in quest’ultimo periodo vi è stata una vera e propria escalation di questi sentimenti e che non sa darsene una ragione, anche se – ragionando con il senso comune – potrebbe essere proprio stata generata dall’impotenza che pervade la maggior parte dell’umanità che di fronte ad una situazione di grande ingiustizia sociale reagisce qualche volta in modo violento e rabbioso.
McEvan è convinto che il risentimento può collocarsi tanto nel singolo individuo che nel tessuto della società e porta degli esempi concreti della “temperatura” di questo sentimento citando la Norvegia come una delle nazioni in cui il risentimento risulta essere più basso.
E’ interessante la disquisizione che il noto scrittore fa del risentimento quando cita una poesia di William Blake in cui si evince come spesso sia l’uomo stesso a coltivarlo dentro di sé.
Le parole di questa lirica sono molto significative e vale la pena citarle: “Ero arrabbiato con il mio amico ma non gliel’ho mai detto, la mia rabbia era come un albero e io ogni giorno lo annaffiavo”.
Queste parole mi ricordano un intervento di Asia Argento all’edizione di Mara Venier di “Domenica in”, in cui l’attrice raccontava un’esperienza di grande sofferenza che aveva vissuto a causa di un’amica che le aveva fatto del male.
Asia, in quell’occasione, aveva reagito in modo diametralmente opposto per arginare le cause di quella sofferenza.
L’attrice diceva che quell’episodio le aveva provocato tanto dolore ma poi l’aveva rimosso per impedire al risentimento di impossessarsi di lei. Ed è esattamente quello che dovremmo fare tutti noi in simili circostanze.
Indirettamente la Argento ci ha aiutato a trovare un rimedio per non rimanere vittima del risentimento e della rabbia generata dal dolore e dalla sofferenza.
Come si scrive un buon saggio
McEvan conclude la sua analisi affermando che il risentimento secondo lui rimane “un’emozione umana universale, proprio come la rabbia”.E poi sottolinea che “gli psicologi sociali definiscono la rabbia un’emozione sociale ed è vero, perché in fin dei conti è un modo per controllare gli altri, per mantenerli “in riga”. In questo senso funziona come il senso di colpa, anche quello ci tiene in riga”.
E in chiusura del suo intervento afferma che il risentimento può essere anche generato da forme di invidia (auto protezione come la chiama lui) più o meno giustificate e cita un esempio che lo ha riguardato quando in passato aveva pubblicato dei libri di successo. La rabbia dei suoi competitor si era manifestata in tutta la sua veemenza in recensioni terribili dei suoi libri.
McEvan precisa un aspetto molto interessante della questione quando parla della condivisione di un successo con gli altri e che in determinate persone può portare rabbia e risentimento più che sentimenti di gioia e desiderio di partecipazione attiva.
Lo scrittore, porta un esempio molto esplicativo che vale la pena di sentire dalla sua stessa voce: “Quando negli Usa qualcuno riesce a raggiungere il successo, si percepisce una genuina aria di festa, tipo “ehi, ce l’hai fatta: grande!”. Nel Regno Unito invece le persone sono contente quando tu inizi ad avere successo, ma quando raggiungi la vera fama, in quel momento vorrebbero vederti cadere”.
E’ proprio vero che l’essenza umana è ferita indelebilmente da quella natura “corrotta” di cui hanno parlato gli esegeti e da un’insita e incurabile fragilità che non potrà innalzare del tutto l’uomo fino a che vive in una condizione così limitante nella quella terrena.
Per i credenti in una vita che continua anche oltre la morte, l’argomento non si esaurisce qui, ma continua nell’evolversi dell’uomo fino alla perfezione massima consentita a ciascuno secondo il suo grado e le sua capacità (Testo realizzato dalla citazione e rielaborazione di alcuni passaggi dell’articolo “Una forma di rabbia sostenuta: il risentimento secondo Ian McEwan Fonte: https://thecatcher.it/ian-mcewan-risentimento-81f6de9a103f).
Come si scrive un buon saggio: articolo di Alan Revolti (editor e consulente editoriale della piattaforma ProfessioneScrittore e Autoaiuto.
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Il saggio breve così definito perchè meno esteso di un normale saggio – un testo scritto che gli studenti devono sviluppare avvalendosi di una serie di documenti. Partendo da questi, dalle informazioni e dalle indicazioni che qui troveranno, viene chiesto loro di sostenere una tesi , ciò di esprimere un opinione su una questione, difendere un idea argomentandola logicamente e coerentemente, dando delle informazioni e allo stesso tempo motivando la posizione che si prende. Come fare un saggio breve di ambito artistico-letterario In questa tipologia viene chiesto di affrontare un argomento attraverso l analisi di opere letterarie, artistiche e, talvolta, musicali. E l ideale se non si portati per argomentazioni troppo rigorose e scientifiche perch lascia ampio margine di manovra per poter descrivere il proprio punto di vista.